
I David di Donatello per chi non c’era
A distanza di pochi giorni dalla cerimonia per l'assegnazione del premio cinematografico più prestigioso in Italia, un riassunto dei punti salienti che hanno contraddistinto questa edizione
Il 21 marzo si è tenuta la cerimonia di premiazione del più grande riconoscimento cinematografico del cinema italiano: i David di Donatello.
Un’edizione – la 63esima – che si è rivelata vicina allo spirito che ha accompagnato le “sorelle maggiori” a stelle e strisce (Oscar e Golden Globe), ma anche nuova, oltre ogni aspettativa. Non solo per la veste datele dal ritorno in prima serata per Rai Uno – alla portata di un pubblico più ampio -, ma anche anche per un’apertura a un cinema nuovo, diverso.
Ammore e Malavita esce come grande vincitore di questa edizione, porta a casa 4 statuette delle quindici per cui era in concorso. Importanti però i riconoscimenti a opere più autoriali e originali che segnano forse l’inizio di un nuovo percorso, o quanto meno la necessità di dare nuovo respiro al cinema italiano.
Dissenso Comune
Dopo #MeToo e Time’s Up, sicuramente protagonisti della scena internazionale tanto quanto i veri e propri prodotti cinematografici, la “questione di genere” ha fatto da padrona anche sul palcoscenico dei David. La cerimonia è infatti stata aperta con un incisivo monologo firmato Stefano Bartezzaghi e recitato da Paola Cortellesi, poi accompagnata sul finale da tante altre attrici. Il testo riporta una serie di luoghi comuni, un elenco veloce e amaramente ironico che mette in luce come anche il lessico sia spesso a vantaggio delle discriminazioni. Uomo con un passato, uomo di strada, ma anche zoccolo… semplici espressioni o termini che al femminile sono ormai intesi in un’accezione poco simpatica e facilmente intuibile.
Dissenso Comune è il nome della lettera manifesto che unisce le portavoci presenti sul paco, per un totale di 124 donne dello spettacolo “unite per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra uomini e donne”.
Tema che sarà ripreso spesso durante la cerimonia e non solo richiamato dalle spillette che molti (uomini e donne) hanno tenuto sui propri abiti.
I David alla carriera
Tre sono stati i riconoscimenti alla carriera.
Il primo a un’emozionata Stefania Sandrelli, bella adesso come a vent’anni. A lei va tutto il calore della platea, dalla standing ovation iniziale fino al partecipato e tenero ricordo a Marcello Mastroianni.
Nel pieno cuore della cerimonia, è poi arrivato il momento di Steven Spielberg. In un momento particolarmente prolifico della sua produzione – da ricordare il recente e apprezzato The Post -, il regista ha presentato la sua ultima opera: Ready Player One. Adattamento cinematografico di un libro cult della fantascienza, a cui il regista dichiara di lavorare da anni. Ambientato nel 2045 e con svariati richiami all’iconografia anni ’80, Ready Player One uscirà nelle sale italiane il 28 marzo.
Ma la parte più emozionante del suo intervento è stato sicuramente il discorso di ringraziamento, alla consegna della statuetta da parte di Monica Bellucci. Un autentico ed entusiasmante ringraziamento all’Italia che lo premia oggi, e a quell’Italia che attraverso il suo cinema ha cresciuto e influenzato lui e tanti altri. Sono tanti i maestri citati: Fellini, Rossellini, Pasolini… Ma anche gli italiani di seconda e terza generazione che in America hanno apportato una vera e propria rivoluzione, vedi Scorsese, Tarantino, De Palma. Un discorso trascinante, che però pone anche un ponte tra passato e futuro, nominando chi in Italia, senza cullarsi del patrimonio culturale immenso alle spalle, ma anzi facendosi forte di esso, si sta impegnando in un cinema nuovo.
Il terzo e ultimo David va a Diane Keaton, iconica come è sempre stata. Allegra, sicura; ringrazia e forse compie il vero atto politico della serata ringraziando Woody Allen (nel pieno delle polemiche del dopo Weinstein) a cui deve una carriera.
Napoli è
Il capoluogo campano è protagonista di un certo immaginario collettivo da qualche anno. Gomorra e la saga de L’amica geniale – presto serie tv – hanno contribuito, a loro modo, a raccontarla e restituirne nuovo fascino a un pubblico non solo confinato al territorio nazione.
Anche il cinema si è concentrato su Napoli e numerosi sono stati i film in concorso che hanno ritratto la città e che di essa hanno fatto non solo scenario, ma reale elemento fertile per la narrazione. Tra i tanti, i tre in lizza per il premio più importante sono stati: Ammore e Malavita dei Manetti Bros, La tenerezza di Gianni Amelio, Gatta Cenerentola di Alessandro Rak.
Ad Ammore e Malavita, musical-parodia sull’ambiente camorristico, ha avuto la meglio. Ad esso sono andati il premio come Miglior Film, Miglior attrice non protagonista (Claudia Gerini), Miglior musicista e Miglior canzone originale.
A La Tenerezza il riconoscimento come miglior attore protagonista a Renato Carpinteri; mentre a Gatta Cenerentola – film d’animazione in rotoscope che ritrae una favola contemporanea in una città anche stavolta sporcata dalla mafia – i premi come Miglior Produttore e Migliori effetti digitali.
Qualcosa di nuovo
Inaspettatamente una delle parole chiavi della serata è stata: Diversità. Lo ha detto Spielberg e ricordato Carpinteri che nel suo discorso di premiazione ha invitato al coraggio di prendersi dei rischi. Si è fatta anche forza della diversità e delle numerose lingue parlate dai film in concorso anche Piera Detassis, al primo anno come Presidente della giuria. Perché questa 63esima edizione dei David è stata in grado anche di premiare e riconoscere il valore di opere più audaci e meno convenzionali, come sono state A’ Ciambra, diretto da Jonas Carpignano premiato proprio come Miglior Regista, e Nico, 1988 a cui sono andati premi tecnici, ma anche quello alla sceneggiatura originale della stessa regista (Stefania Nicchiarelli). Anche il duo siculo Grassadonia – Piazza è stato premiato per la sceneggiatura non originale del loro Sicilian Ghost Story e lo stesso valore riconosciuto a Gatta Cenerentola ha restituito all’animazione un rispetto pari ad altri generi cinematografici.
Un’edizione quindi che richiama e onora il passato, ma anche più inclusiva a favore di un movimento nuovo e qualitativamente di nota. Nella speranza che si possa favorire una produzione che non solo rinnovi la proposta nelle sale cinematografiche, ma che nelle sale sia ancora capace di richiamare gente.
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