
Capo d’Orlando-Milano, comunque vada è già storia
Alla scoperta di un paese di 13 mila abitanti pronto ad affrontare la più grande città in serie A
Il 12 maggio 2017 è un giorno come tanti, ma per Capo d’Orlando, paese di 13 mila abitanti non è affatto così. Inizieranno giorni di attesa, brividi, ansia, speranza ed emozioni.
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Capo d’Orlando secondo la leggenda fu fondata da Agatirso, figlio di Eolo nel 1183 a. C.
Un paese che vive di turismo, grazie a un mare che incanta chiunque. Persino Gino Paoli, nel borgo di San Gregorio, scrisse la famosissima canzone “Sapore di sale“. In questa zona si può fare una passeggiata nel sentiero Goletta, un percorso naturalistico che si affaccia sul mare, in pieno contatto con la natura selvaggia. Passeggiando, gustando le prelibatezze locali, o seduti in riva al mare, si possono ammirare tramonti diversi ogni sera.
Capo d’Orlando non è solo mare, ma anche cultura. Si può ammirare la villa dove Tomasi di Lampedusa scrisse gran parte della sua opera più famosa, “Il Gattopardo“.
La cittadina è protetta dal monte, luogo immerso tra la storia e la leggenda, simbolo del paese, dalle cui pendici si può godere di un panorama mozzafiato: qui è situata una piccola chiesa che ospita la Madonnina, celebrata nella festa patronale del 22 ottobre.
Squadra e paese: un’unica cosa
credit: basketinside.com
A Capo d’Orlando ogni bambino nasce con una palla da basket in mano e il suo idolo è uno che indossa la maglia che rappresenta la sua cittadina.
È facile trovarsi in giro con accanto i giocatori e scambiarsi due chiacchere, com’è facile avere il proprio ragazzino che va in classe con uno dei loro figli. In questo modo è semplice per la gente vivere la squadra ed allo stesso tempo è semplice per la squadra vivere la gente.
Qui sembra che si viva per l’attesa della domenica, quando finalmente squadra e tifosi si possono incontrare in quella che è una festa a prescindere dal risultato. Non è un caso che uno come Basile abbia scelto Capo d’Orlando come posto per vivere dopo aver chiuso la carriera ed il folle Poz ci ritorna ogni volta che può.
Il PalaFantozzi
credit: olimpopress.it
Esteticamente non il palazzetto tra i più belli, ma quello che si vive lì dentro lo rende un tempio del basket siciliano. Per un tifoso di Capo d’Orlando va benissimo così: 3500 posti, caldo e con un ottima visuale sul parquet. Il clima che si respira durante la partita è davvero unico: un clima di passione e non di pressione, ambiente caldissimo nelle partite importanti e soprattutto un luogo di ritrovo per molti amici.
La storia dell’ Orlandina basket
Fondata nel 1978, iniziò a giocare le prime partite in campetti all’ aperto. Nel 1996 dopo una retrocessione venne rilevata dall’ imprenditore Enzo Sindoni, che la portò in 2 anni alla serie B2.
Nel 1998 arriva il primo colpo eclatante in casa biancazzurra. A vestire la maglia di Capo d’Orlando è infatti Alessandro Fantozzi, ex playmaker della nazionale italiana. La stagione si chiude con un settimo posto e la sconfitta ai play-off con Trapani.
Le due stagioni successive sono state un successo, infatti con la conferma del playmaker arriva una doppia promozione dalla B2 alla A2.
Nel 2001 a Capo d’Orlando arriva il primo americano: Keith Carter. L’ambiente già caldo, si scalda ancora di più, in una stagione conclusa con una salvezza tranquilla. La stagione dopo, nonostante gli acquisti roboanti, tra cui James ” Hollywood” Robinson ( ex Minnesota Timberwols e Los Angeles Clippers) , arriva l’unica retrocessione della storia della presidenza Sindoni.
Si riparte dalla B1, si costruisce una squadra che avrebbe dovuto svolgere un ruolo da protagonista. Qualcosa però non va e arriva una sofferta salvezza ai play-out.
Un anno da record
In estate succede l’impensabile. La squadra paladina ottiene un ripescaggio insperato ed è nuovamente Legadue. Si costruisce un team con qualche scommessa che si rileva un crack per il campionato ( Mcintyre, Oliver ed Howel su tutti) e con una stagione da 27 vittorie su 30 partite, battendo sia all’andata che al ritorno la più quotata Virtus Bologna, conquista la coppa di lega e vince il campionato, regalandosi la serie A .
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Un paese in festa per tutta la notte, con caroselli d’auto e con migliaia di persone in piazza a festeggiare.
3 ANNI IN SERIE A
Il primo anno da neopromossa, per Capo d’Orlando, è molto sofferto, ma trova un’importante salvezza all’ ultima giornata.
La stagione successiva sembra partire bene e si sfiora addirittura le final-eight di coppa Italia. Ma un girone di ritorno pieno di sconfitte fa rischiare la retrocessione alla squadra orlandina.
Il colpo Pozzecco
La terza stagione nella massima serie è la più emozionante. Siamo nell’estate del 2007 ed il presidente Sindoni, davanti ad una pizza a Bologna, firma Gianmarco Pozzecco.
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Sotto la guida di Meo Sacchetti quella squadra,sicuramente la più pazza mai vista a Capo d’Orlando, arriva ai play-off scudetto. Si arrende ad Avellino ai quarti di finale, in una serata che rimarrà nella storia del basket italiano per il ritiro in lacrime del Poz.
Il fallimento e la ripartenza
Il 20 settembre del 2008 il consiglio federale della FIP esclude Capo d’ Orlando dalla serie A.
Il clima in paese è surreale, un po’ come quello di quando se ne va un amico. La società non si arrende, verso quella che considera un’ingiustizia. Infatti non solo decide di ripartire dai campionati regionali, ma anzi promette che presto si tornerà in serie A.
Questa dichiarazione sembra una cosa folle in paese, ma la gente ha voglia di ripartire e lo dimostra alla prima gara di serie C riempendo il Palafantozzi .
Nella stagione 2010 si ottiene subito la promozione in B2, l’anno dopo quella in A dilettanti ( vecchia B1) grazie alla vittoria su Reggio Calabria davanti a 3500 persone.
L’anno successivo è tutt’altro che esaltante. Va ai play-off, ma l’ambiente sembra distaccato e la squadra viene eliminata subito da Recanati, una squadra non irresistibile.
In estate arriva il ripescaggio in legadue. Dopo un inizio fatto solo di sconfitte, a guidare la panchina dell’Orlandina torna un Gianmarco Pozzecco in giacca e camicia, che porta i paladini ad un passo dai play-off.
Il trio olimpico
È il 2013. Pozzecco chiama a Capo d’Orlando Matteo Soragna e Gianluca Basile, ricomponendo il trio che ha vinto l’argento alle olimpiadi 2004 di Atene. Immaginate cosa può essere per un paese di 13 mila abitanti una notizia del genere.
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Capo d’Orlando è su tutti i quotidiani sportivi e la stagione non delude, è secondo posto nella stagione regolare. Ai play-off l’aspetta il derby con Barcellona ed una richiesta di biglietti che proviene da tutta la Sicilia.
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L’Orlandina vince la serie 3-1. In semifinale ha la meglio anche su Verona con lo stesso risultato e si prende l’abbraccio dei tifosi al ritorno in Sicilia .
La finale con Trento è una formalità. I trentini vincono la serie, ma entrambe le squadre hanno la certezza di andare in serie A. La promessa fatta dalla società ai tifosi si concretizza prima di quanto si potesse immaginare.
Il presente
Dopo 2 anni dal ritorno nella massima serie, quest’anno Capo d’Orlando si affaccia ai play-off per la seconda volta nella sua storia, riappropriandosi appieno di quello che gli era stato tolto nove anni fa.
Lo fa nella maniera migliore che si potesse immaginare, affrontando i campioni d’Italia.
Un paese di 13 mila abitanti contro una metropoli di circa un milione e mezzo. Un’impresa impossibile. Ma siamo sicuri, dopo tutto quello che questo paese ha vissuto, che impossibile non sia solo una parola per chi non vuole sognare?
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