Il cervello non sa che hai mangiato: se hai ancora fame, potresti averlo ingannato - newsandcoffee.it
Hai presente quella fame che torna subito dopo aver mangiato? Non sempre ha a che fare con lo stomaco.
Ci sono momenti in cui ci sembrano inspiegabili; quei pomeriggi in cui abbiamo pranzato da meno di un’ora, eppure siamo già lì, col pensiero fisso su uno snack qualsiasi. E no, non è fame vera. Lo sappiamo. Ma è comunque fame, ed è difficile ignorarla. Così si finisce per spiluccare, per cercare qualcosa di buono, magari croccante o cremoso, magari niente affatto salutare. E poi ci si chiede: ma com’è possibile avere ancora appetito?
La verità è che non è solo questione di cosa mangiamo. Conta anche come lo facciamo. Perché tra lo stomaco e la mente passa un filo invisibile che regola tutto – anche le nostre scelte più impulsive davanti al frigorifero.
E quando quel filo viene ignorato, o peggio ancora tagliato con un pasto consumato in fretta, il cervello rimane indietro. E non sa. Non registra. E quando non registra, ricomincia a chiedere. Anche se non serve. Ed è lì che parte il circolo vizioso: fame, spuntino veloce, niente sazietà, e di nuovo fame. Una fame che non nasce dal bisogno, ma dall’assenza di consapevolezza.
Un recente studio pubblicato su PMC ha confermato un sospetto che in molti avevano già: mangiare troppo in fretta può compromettere la percezione di sazietà. Non perché si mangia poco, ma perché il cervello non ha tempo di registrare il pasto. Letteralmente, non lo memorizza. E se non lo memorizza, dopo un po’ torna a bussare. Con quella fame fastidiosa e confusa che sembra non passare mai.
In pratica quando iniziamo a mangiare, il corpo attiva una serie di segnali – ormonali e neurologici – che dovrebbero comunicare al cervello che stiamo assumendo cibo. Ma se si salta la parte sensoriale (masticazione, tempo, attenzione), tutto questo sistema si inceppa. E non solo: nei casi di fame compensativa, si va dritti su cibi ricchi di zuccheri e grassi. Mai su una mela o una carota. Il cervello cerca ricompensa, non nutrimento. E se non trova appagamento nella memoria del pasto, tenterà di rimpiazzarlo con qualcosa di più intenso, anche se meno utile.
Il risultato? Fame che non è fame. Spuntini che non saziano. E un cervello che, poveretto, continua a chiedere solo perché nessuno gli ha detto che abbiamo già mangiato. Questo si collega anche alla fame nervosa dovuta dalla ricerca di compensazioni affettive e gratificazioni. Ma su questo sarebbe da aprire un capitolo ben più ampio a parte.
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